La “Crocifissione con L’Eterno e Santi” di Cristiano D’Annona del Castello Federiciano di Melfi

di Marco Tedesco, storico dell’arte RAM Rinascita Artistica del Mezzogiorno

Cornelis de Smet, Madonna del Rosiario, 1590, Matera, museo nazionale d'arte medioevale e moderna della Basilicata, già Muro Lucano, cattedrale

Cornelis de Smet, Madonna del Rosiario, 1590, Muro Lucano, cattedrale

Una delle iconografie più ricorrenti, immancabili nella storia dell’arte sacra incentrata sulla figura di Cristo è la Crocifissione, ossia il momento culminante di tutto il racconto evangelico della passione di Cristo. Molti artisti nel corso dei secoli si sono avvicinati a questo tema, a volte attenendosi all’iconografia tradizionale a volte rivoluzionandola con elementi aggiuntivi. Quest’ultimo è il caso di Cristiano D’Annona di Anversa, straordinario pittore molto attivo in Basilicata, seguace della maniera dei fiamminghi, il cui filone culturale fu introdotto a Napoli già nel corso del xv secolo  e dagli ultimi decenni del Cinquecento fino ai primi decenni del XVII secolo diffuso anche in altri territori dell’Italia meridionale ed in particolar modo in Basilicata, grazie alla presenza in questa regione di opere di opere attribuite a Teodoro D’errico come ad esempio la Madonna col Bambino e i Ss. Pietro e Paolo della chiesa di San Michele a Potenza, di opere attribuite a Cornelius  de Smet come la Madonna del Rosario fino al 2017 nel museo di Arte Medioevale e Moderna della Basilicata a Matera, e ora di nuovo nella cattedrale di Muro Lucano.

 

L’opera di Cristiano D’Annona che qui prenderemo in esame è la Crocifissione con l’Eterno e Santi del castello federiciano di Melfi, opera firmata Cristianus Danona de Anversa e datata 1589. Proviene dalla cappella del castello federiciano di Melfi ed e rientra nelle collezioni della famiglia Doria, la quale mantenne la proprietà del castello a partire dal 1531 quando furono nominati principi di Melfi dal re di Spagna Carlo V d’Asburgo, fino al 1950, trasformandolo in palazzo Baronale.

Cristiano Dannona, Crocifissione con l'Eterno e Santi, 1589, Melfi, cappella del Castello Federiciano.

Cristiano D’Annona, Crocifissione con l’Eterno e Santi, 1589, Melfi, cappella del Castello Federiciano.

 

A vederla così come è strutturata,  la composizione si sviluppa su tre registri collegati dal Cristo crocifisso. Alle spalle del Cristo abbiamo l’Eterno seduto su un trono fatto di nuvole, il cui schienale è rappresentato da un sole mistico in cui si distingue l’aureola triangolare posta sul capo di Dio, simbolo della Trinità. Lo vediamo sorreggere il Cristo crocifisso, come avviene di solito nelle raffigurazioni della Trinità. Nel registro centrale abbiamo ai piedi della croce le figure di dolenti classiche dell’iconografia della crocifissione ossia la Vergine Addolorata, l’apostolo Giovanni e Maria Maddalena inginocchiata dietro la croce, intenta ad abbracciare il palo verticale. Ai loro lati San Giovanni Battista e Sant’Alessandro di Bergamo, ognuno raffigurato secondo gli attributi iconografici tradizionali ossia la croce di canna per San Giovanni  e l’armatura per Sant’Alessandro, indicano la Trinità mentre intorno e nel registro inferiore abbiamo altri Santi inginocchiati in adorazione tra i quali riconosciamo San Francesco d’Assisi, San Pietro con il libro e le chiavi in mano, San Girolamo scrivente, Sant’Agostino e San Paolo con la spada poggiata sul terreno e Santo Stefano.

La presenza di Sant’Alessandro da Bergamo è data dal fatto che egli è patrono della città di Melfi in seguito ad un episodio riportato da Gennaro Araneo, riportato testualmente: “…”E’ stata sempre costante tradizione, che bramando i cittadini di Melfi eleggersi un Patrono principale, ne fecero istanze a Roma, dove furono posti in un’urna una moltitudine di schede coi nomi di vari Santi per cavarne a sorte il nome di colui, che il Signore Iddio destinato avrebbe alla tutela della città: e ne usci quello di Santo Alessandro martire. Ciò non piacque perché di questo Santo non se ne conosceva la vita e le gesta, per cui la scheda fu di nuovo gettata nell’urna, che agitata, nell’estrarne un’altra scheda, con sorpresa si osservò essere la stessa di S. Alessandro. Fu ripetuta quest’operazione una terza volta e lo stesso nome si osservò segnato; per cui si vide chiaramente che il Signore Iddio questo Santo designato aveva per protettore di Melfi, per cui fu prescelto. Ed in verità sempre si è osservata la particolare protezione, che in ogni rincontro ha mostrata per la città e per coloro che l’invocano” (Gennaro Araneo, Notizie storiche della città di Melfi, tipografia Sodi, 1866).

Intorno ai personaggi, abbiamo un paesaggio tetro caratterizzato da un cielo quasi imbrunito. Il momento colto dall’artista è quello in cui si dice nel vangelo che il cielo si imbrunì da mezzogiorno sino alle tre del pomeriggio. E’ il momento in cui  Cristo è appena morto,  ha appena pronunciato le parole “Padre, nelle tue mani, consegno il mio spirito” (Luca, 23, 33-46). Questo aspetto spiega la presenza di Dio nel dipinto, l’artista ha voluto servirsi dell’iconografia della Trinità nella versione con l’Eterno in trono che sorregge il Cristo crocifisso per raccontare questo episodio del Vangelo e tenendo in conto questa analisi, il sole mistico alle spalle dell’eterno ha un colorito che tende a tonalità scure altro non è che il sole che si eclissò al momento della crocifissione di Cristo, provocando l’imbrunire per un breve arco temporale.  Quello che colpisce nel dipinto è l’eleganza dei panneggi, elemento riscontrabile anche in un’altra opera del D’Annona ossia l’Allegoria del sangue di Cristo Redentore del XVI sec., la grande padronanza dell’utilizzo di tonalità luminose e allo stesso tempo perlacee che insieme alla gestualità dei personaggi rende viva l’azione e coinvolge l’osservatore rendendolo partecipe alla scena.

 

Cristiano Danona, Allegoria del sangue di Cristo Redentore, XVI sec., Ripacandida, chiesa di Santa Maria del Sepolcro

Cristiano D’Annona, Allegoria del sangue di Cristo Redentore, XVI sec., Ripacandida, chiesa di Santa Maria del Sepolcro.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

Con la crocifissione di Melfi del D’Annona, l’arte italiana e in particolare l’arte lucana svelano un altro affascinante scrigno degno di nota con il quale l’arte del sud Italia arricchisce la propria storia raccontandoci ancora una volta straordiarie storie di grandi artisti che contribuiscono a far grande la storia dell’arte universale.

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