Il ritorno a Napoli della “Flagellazione di Cristo” del Caravaggio

di Marco Tedesco

Il prossimo 28 febbraio 2024, Napoli si appresta a celebrare un grande ritorno a casa: quello della Flagellazione di Cristo di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, opera del 1607, di ritorno dal Louvre di Parigi. Nel prestigioso museo parigino, la Flagellazione è stata in mostra insieme a gran parte dei capolavori del museo di Capodimonte. Ora, questo straordinario capolavoro si appresta a tornare a Napoli, ma in attesa di essere rivisto nella sua collocazione originaria, a causa di lavori di sistemazione che stanno interessando il museo di Capodimonte, si potrà ammirare la Flagellazione di Cristo nella prestigiosa cornice del museo diocesano di Napoli, all’interno del complesso monumentale di Donnaregina, in pieno centro storico della città.

La storia di questo dipinto è una storia molto affascinante. Ci narra di una famiglia, quella dei De Franchis, proprietari di una cappella nella chiesa napoletana di San Domenico Maggiore. Fu proprio un membro di questa famiglia, Tommaso De Franchis che, come indicato da Sebastian Schütze nel testo Caravaggio. L’opera completa, pubblicato a Colonia (casa editrice Taschen GmbH) nel 2009, provvide al pagamento di un anticipo di 100 ducati nei confronti del Caravaggio, a fronte di una spesa di 250 ducati totali per la Flagellazione che doveva adornare la cappella di Famiglia.

Questa straordinaria opera del Caravaggio è considerata da Roberto Longhi una delle più strazianti opere di Caravaggio. Per la sua realizzazione il Merisi si ispirò, secondo Gilles Lambert, al ricordo del supplizio del Cavalletto, ossia un interrogatorio che avveniva legando il condannato ad un cavalletto e colpendolo a colpi di scudiscio, a cui egli fu sottoposto a Roma durante un interrogatorio per l’omicidio di un sergente ucciso con un colpo alla testa, fatto avvenuto prima del 29 maggio del 1606, data dell’omicidio Tomassoni, ucciso dal Caravaggio per aver imbrogliato durante una partita di pallacorda.

La composizione è organizzata intorno alla colonna alla quale Cristo viene legato, ed ha una dimensione tridimensionale. In primo piano, abbiamo uno dei tre carnefici che si appresta a preparare il flagello mentre alle sue spalle, gli altri due carnefici sono intenti a legare il cristo alla colonna, costruita attraverso giochi di luci ed ombre che danno risalto ad ogni particolare di essa come ad esempio il basamento, visibile alle spalle del Cristo, la cui figura è messa in risalto dalla luce, aspetto che vuole simboleggiare il trionfo della fede sulle tenebre. L’intera composizione è ispirata all’omonimo soggetto eseguito da Sebastiano del Piombo nel 1524-1525 in San Pietro in Montorio, ispirazione resa evidente dalla postura della parte superiore del corpo di Cristo. Sebastiano del Piombo era uno dei più fedeli allievi di Michelangelo Buonarroti, artista molto ammirato dal Caravaggio

Caravaggio ha certamente avuto modo di vedere questo capolavoro di Sebastiano Del Piombo, e vi si ispira restando però sempre nei cardini principali della sua pittura. Elimina in parte le architetture e lascia intravedere la colonna a cui cristo viene legato, attraverso l’utilizzo di giochi di ombre e di luce e riducendo il numero dei carnefici da quattro a tre. Il corpo di Cristo, invaso dalla luce, indica secondo la studiosa Mina Gregori la potenza del Cristo che emerge dall’oscurità. Potenza espressa dal corpo di Cristo che qui appare muscoloso, di chiara ispirazione ai nudi di Michelangelo Buonarroti della Cappella Sistina.

Grazie alla pittura di Caravaggio, si assiste ad un significativo cambio di rotta della pittura italiana di ambito religioso. La sacralità si mescola con il profano. Con Caravaggio, infatti, divintà e umanità si fondono, i santi diventano parte della realtà umana e l’uomo si indentifica con essi. Una realtà che attraverso la pittura del Merisi si mostra ai nostri occhi cosi come essa è. Non più una realtà idealizzata, ma una realtà vera cosi come essa appare ai nostri occhi.

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